Nel ‘78 giravamo ancora con la zampa d’elefante e gli zatteroni.
I baffoni a uncino erano un evidente segno di testosteronica mascolinità e le vaporose permanenti fuori misura, alla Farrah Fawcett, dicevano che eri una squinzia mica male.
Fumare era un grande spasso ovunque s’andasse, persino al cinema, dove, tra le altre cose, quell’anno potevi vedere Il Cacciatore, così per dire.
Nel 1978 i computer assomigliavano a oscilloscopi infilati in una 127, i personal te li costruivi a puntate seguendo i fascicoli della Nuova Elettronica, esisteva Arpanet (se state pensando anche voi a Skynet, siete a un passo dalla terza età) e il World Wide Web non sapevamo manco cosa fosse.
Eppure, se ti dicessi che la prima attività di email marketing si verificò proprio in quell’anno (qualcuno
giura fosse il 1 maggio) e generò un profitto di 13 mln di dollari al fortunato datore di lavoro del signor
Gary Thuerk, saresti pronto a credermi?
L’avvento dei social network maturò per un istante in molti la convinzione che l’email fosse uno strumento ormai obsoleto nel perimetro del business, ma oggi, a distanza di decenni, che nel campo in cui ci ritroviamo ad operare sono ere geologiche, se una certezza esiste è che l’email marketing è vivo e vegeto e rappresenta un ingrediente fondamentale nella strategia di vendita di chiunque si approcci a questa attività con l’intento di ricavarne profitto (c’è qualcuno che lo fa per passione?).
L’algoritmo è l’arbitrio divino che regola le sorti di miliardi di noi utenti, determinandone fortune le quali, divenendo momentanee per causa sua, si trasformano in sciagure.
Le performance delle migliori strategie di marketing rimangono appese al mutevole senso critico di questa spada di Damocle sempre in agguato. Se poi ti occupi di advertising, sei certamente al corrente che Google staccherà la spina ai cookie di terze parti entro la fine del 2024, circostanza che renderà necessaria la riprogettazione del flusso di acquisizione, conversione e fidelizzazione dei clienti con generale sperpero di blasfemia tra gli addetti ai lavori.
Come dici, queste due motivazioni non sono già abbastanza per convincerti? Mettiamoci, dunque, anche i continui aumenti dei costi dell’advertising on line e l’infausto quadro è completo per piombarti nella disperazione di non avere più vie d’uscita. Ma a questo punto la celeberrima luce in fondo al tunnel inquadra i caratteri cubitali di una soluzione possibile, economica e alla portata di tutti: l’email marketing.
Nelle sue diverse forme, come la newsletter e il DEM (Direct Email Marketing), rappresenta sia un ottimo strumento di
relazione one-to-one, che un imprescindibile componente di qualsiasi strategia di vendita.
Attraverso l’email, veicolare i valori del brand al tuo pubblico e a quello potenziale per convertire l’azione in vendite sarà un processo immediato e il ritorno sull’investimento quasi garantito: il suo ROI è, infatti, il più alto rispetto a quello di qualsiasi altro canale di digital marketing, valendo 3,8 punti percentuali, cioè, per ogni dollaro investito ne avrai 38 indietro (vale anche con gli euri, a scanso di equivoci).
Altro punto a suo favore è quello di essere un owned media: l’email è di proprietà e sotto il controllo dell’azienda, quindi completamente personalizzabile da chi gestisce per lei la comunicazione sia nei contenuti che nell’aspetto grafico, come anche nella frequenza di invio ma, soprattutto, nella profilazione dei destinatari cui si deve rivolgere.
Che sia più economica di molti altri strumenti di advertising lo abbiamo già segnalato ma vale la pena ribadirlo: l’email marketing prevede soltanto il costo della piattaforma.
Altri due vantaggi buttati là come niente fosse: l’email consente la raccolta di dati di prima parte e consensuale, utili alla segmentazione e alla personalizzazione delle comunicazioni; ogni risultato raggiunto è facilmente misurabile, testabile, scalabile.
Sei incontentabile? Ok, sappi, allora, che è in arrivo un generatore di email AI basato sulla tecnologia GPT di OpenAI, questo significa che creare newsletter e DEM sarà un gioco da ragazzi e risparmierai l’85% del tempo, anche perché non sarai tu a farlo.
Per qualcuno Gary Thuerk è il padre dello spam e, in effetti, se in una strategia di email marketing non badi al contenuto della comunicazione e alla reputazione del tuo indirizzo IP e del tuo dominio, è molto probabile che finirai tra gli indesiderati vanificando ogni sforzo.
Ma, al contrario, se il tuo intento è quello di massimizzare il lavoro convertendolo in profitto, sappi che anche tu ti ritroverai a esclamare entusiasta “lunga vita alla newsletter”!
Nel ’78 avevo tre anni, per questo ne parlo con cognizione di causa. Giusto una nota di colore a margine.