L’attività di copywriting ha un unico fine: vendere.
I metodi per concretizzare la conversione passano dall’ispirazione creativa all’utilizzo di leve che con la sfera dell’arte poco c’entrano, anzi, sono del tutto in antitesi, essendo formule pianificate per raggiungere lo specifico scopo. Con tutta evidenza, però, entrambe le componenti vivono di luce riflessa e non possono prescindere l’una dall’altra.
Ma l’equilibrio precario sopra al quale ondeggiano trova il suo centro, la fune sulla quale rimanere in piedi, per andar dietro alla metafora, su di un unico punto: l’emozione.
“Vendimi questa penna…
…è una penna speciale per… professionisti…
Vendimi questa penna…
È una bella penna, si può… si può usare questa penna per scrivere i propri pensieri, i propri ricordi…
Vendimi questa penna.”
Lui si che sa come essere persuasivo.
Lui non avrebbe manco bisogno dell’ingegno per appiopparci qualsiasi cosa. La sua fama lo precede. Noi tutti siamo già predisposti a pendere dalle sue labbra, a mettere in off il processo critico alla base del nostro agire da adulti (si spera) per lasciarci infinocchiare dal tardivo vincitore dell’oscar, tardivo per demeriti d’accademia.
Ma il personaggio da lui interpretato nella celebre pellicola non era certamente uno dei più grandi attori di sempre e la sua necessità primaria era, per forza di cose, possedere acume, ricercare la creatività, trovare lo strumento giusto per raggiungere l’obiettivo che si era prefissato: vendere.
Se lasciamo sfilare in secondo piano il gusto per la truffa che lo contraddistingueva, va dato merito al suo merito di essere un notevole affabulatore, un cantastorie, un divulgatore di emozioni e badate bene: le emozioni sono tanto quelle scatenate da un tramonto caraibico, o dalle sinuose e turgide nudità di giovani corpi (al momento un fortissimo e molto in voga argomento di marketing, probabilmente sulla cresta dell’onda da sempre), quanto quelle smosse dalla parlantina di Jordan Belfort, capace di convincerti che tu, sì, proprio tu, hai bisogno della spazzatura che ti sta per rifilare.
Messa così non è che il titolare dell’attività di copywriting ci faccia una grossa figura, insomma, se l’esempio è questo, allora il pensiero va dritto alla moralità vaga che “move il sole e l’altre stelle” nel fantastico universo degli affari. Ma, e per forza di cose deve esserci un grosso, gigantesco ma, se non è tutt’oro quel che luccica, la buona fede, comunque, alla fine premia e deve essere la voce guida di ogni moderno menestrello.
La voce, l’emozione, il bisogno.
Cosa ci spinge a operare da consumatori in un mondo che ci vuole tali e ci bersaglia di input inutili per l’economia della nostra quotidianità e della nostra personale saviezza?
Siamo a lavoro (concetto impersonale, etereo, svolto nella terra di nessuno che va dalla “scrivania in pelle umana” al cantiere polveroso, tonante di decibel) e siamo concentrati su noi stessi, persi nella continua riflessione che è la nostra vita, piena di tutto, d’interessi, di affetti, di strade più o meno conosciute e praticabili per raggiungere il successo, quello anelato e quello suggerito.
Ma non divaghiamo: siamo uomini e donne unici, consapevoli, protagonisti di questo tempo e siamo profondamente convinti dell’importanza del nostro personale apporto alla causa in divenire che è il Mondo e per questo motivo la scelta etica di preservarlo ripagherà il futuro prossimo e l’avvenire dei nostri figli, grati per il senso di appartenenza dimostrato dal nostro viaggiare su quest’auto elettrica; siamo giovani, lo siamo adesso (almeno evidentemente più giovani di quelli al volante dell’auto a batterie, che, comunque, vecchi non lo saranno mai palesemente), l’unico orizzonte apprezzabile è quello della possibilità, delle porte aperte, dell’identità forte, dell’affermazione alla fine di un percorso che (per quanto giovani) ci ha portato ad essere un colore riconoscibile nell’arcobaleno in movimento che siamo oggi tutti insieme, riconoscibile perché con le mie sneakers biologiche ho macinato chilometri fino alla meta; l’odore di casa lo senti già in testa, quando inizia a imbrunire e ti lasci alle spalle le responsabilità del giorno e, in men che non si dica, scivoli sul cuoio della tua station wagon biturbo (perché padre di famiglia senza dubbio, ma co****ne no!) e ti ritrovi scalzo sul gres-porcellanato-finto-tek ad ammirare il tramonto da una porta finestra, la cui ampiezza non ha confini, come la bellezza dell’oceano che scroscia (manco tanto, cioè non troppo, insomma, una roba soft) sulla battigia bianchissima di fronte a te e al tuo flute di prosecco multi-bollicine che ti bagna le labbra mentre una cascata di capelli castani ti trasfigura nella colonna della sua esistenza.
L’emulazione, il riconoscere in ciò che leggiamo o vediamo la vita come la vorremmo, e, in qualche caso, magari abbiamo, ci spinge a comportarci da consumatori in un mondo nel quale non potremmo, in ogni caso, esimerci dall’esserlo: ci spinge a scegliere tra la varietà gargantuelica della proposta. Non ti avrò convinto ad acquistare un’auto elettrica o un paio di sneakers di finta pelle e, forse, a farti un sorso di prosecco invece sì, che non guasta mai, ma una cosa è certa: ti ho veicolato una suggestione, e sarà quella che ricorderai quando avrai bisogno di un’auto, di un paio di scarpe o di ubriacarti.
In effetti, in quest’ultimo caso l’apporto del copywriter sarà stato irrilevante.